sabato 2 giugno 2018

Nazionalismo tedesco (unità didattica urgente)












Pier Carlo Padoan, che fino a ieri era il nostro ministro dell'economia e che da oggi (festa della Repubblica) non lo è più, puntava qualche volta il dito contro i tedeschi (anche se molto raramente e senza conseguenze pratiche). Li rimproverava di essere troppo tedeschi ("ah, se continuate così non gioco mica più eh..."). Mentre loro, i tedeschi, gli rinfacciavano di essere, nonostante i suoi apprezzabili sforzi, purtroppo ancora italiano. Non avrebbe dovuto, stando ai patti. Si era impegnato a cambiare, a non esserlo più, perché sapeva, in quanto italiano, di sembrare inaffidabile per definizione e di stare dalla parte del torto, cioè del debito: Schuld. Abbiamo ormai imparato che, in tedesco, significa anche colpa e ipoteca. Così, a nostre spese, il ministro ha continuato fino a ieri a sforzarsi, per convincerli a non alzare lo spread, per liberarci dalla colpa italiana, per dimostrare che potevamo diventare diversi da quelli che siamo, attraverso "riforme", "compiti a casa", "rispetto delle regole" (regole, com'è ovvio, rigorosamente tedesche).
Se Padoan, con i nostri soldi, ha affrontato tanti sacrifici e sofferenze, fino a consumarsi, lo ha fatto, come ci ha spiegato, con un obiettivo preciso: vuole che l'euro acquisti un senso, attraverso la condivisione dei rischi da parte dei paesi che lo hanno adottato, Berlino in testa.
Ma su questo punto i tedeschi, almeno quelli che comandano, sono irremovibili, con argomenti che vanno dalle analisi di Daniel Gros alle minacce di Öttinger. Non se ne fa nulla. E quanto a Padoan: non poteva pensarci in tempo? Doveva parlare prima di diventare ministro. Se lo avesse fatto gli avrebbero spiegato che l'euro è stato concepito proprio per evitare che i rischi dell'Europa vengano condivisi. Un'idea simile, in passato, è forse esistita, ed è proprio per stroncarla sul nascere che la Bundesbank ha inventato le regole euriste ed europeiste, e successivamente le ha imposte in forma inasprita, attraverso regolamenti che forzano i trattati, con la complicità dei governi italiani.
Possiamo accusare i tedeschi di tutto, ma non di non avere parlato chiaro. Il senso dell'euro per loro, o meglio per chi li governa, è precisamente quello di respingere la condivisione delle responsabilità, distinguendole al contrario con rigore e instaurando un duro regime di competizione tra stati, nella convinzione (ideologica e perfino religiosa) che la migliore forma di cooperazione sia la lotta per il predominio nei mercati e la concorrenza, come scelta di principio e matrice del diritto internazionale. Il ministro Schäuble esprime il concetto inequivocabilmente, con una cruda metafora, quando asserisce che "ciascuno deve spazzare davanti a casa propria". Vedremo più avanti le interessanti implicazioni di questa affermazione, analizzando meglio il contesto culturale ed economico da cui nasce e la politica che vuole giustificare.
Padoan doveva comunque pensarci prima. Ormai è tardi per lui, ma non per i ragazzi che frequentano le nostre scuole. Perciò, dal momento che il rischio del rinascente nazionalismo tedesco, che nell'euro si esprime e si rafforza, viene spesso negato o comunque sottovalutato, mi sembra necessario proporre un'unità didattica urgente sul tema: Il nazionalismo tedesco ieri e oggi.
Fonti tedesche ci consentiranno di inquadrare al meglio il fenomeno, che proprio in Germania trova critici agguerriti e molto documentati. E non c'è da stupirsi, se si tiene conto che, citando Hölderlin, Heidegger, da molti ritenuto il più importante filosofo del Novecento, ricordava che "lì dove c'è il pericolo cresce anche ciò che salva". Cosa che, tuttavia, non gli ha impedito di diventare, almeno per un periodo della sua vita, un convinto nazista.

Obiettivi per gli studenti, secondo la linea di sviluppo conoscere comprendere applicare: a) L'allievo/a conosce eventi storici, idee, autori che stanno alla base del patriottismo tedesco e alle origini del nazionalismo, e in particolare i concetti di popolo (Volk) e spirito del popolo (Volksgeist), in riferimento ad alcuni testi scelti e illustrati dal docente (Arndt, Herder, Schlegel, Schiller, Fichte); b) Comprende l'influenza che tali idee hanno esercitato nel processo di unificazione della Germania avvenuto nel corso del XIX secolo, ma anche le cause della loro successiva degenerazione pangermanista, militarista, autoritaria, razzista, fino agli anni del nazionalsocialismo; c) Utilizzando i concetti appresi sa individuarne le tracce nel presente, applicandoli alla comprensione dell'attuale società tedesca, sia riconoscendo il nazionalismo dove ancora esercita la sua influenza, sia distinguendo le forze e le posizioni che, proprio in Germania, e prima in Germania che altrove, ne mettono in evidenza la pericolosità per contrastarne la diffusione in Europa.
L'unità può essere presentata in forma semplificata anche nel terzo anno della secondaria di primo grado (terza media), ma molto, in questo caso, dipenderà dalla capacità del docente di esporre i concetti più astratti ricorrendo a episodi e situazioni storiche concrete, senza imporre all'allievo/a la conoscenza diretta di testi troppo complessi e degli autori, che dovranno invece essere proposti alle superiori, meglio se nelle classi quinte, ai diciottenni, in un quadro interdisciplinare che veda la convergenza di storia, filosofia, diritto ed economia, lingua e letteratura straniera.

L'unità didattica, ben distinguendo il nazionalismo tedesco dal generico patriottismo che deriva da un comune senso di appartenenza a una tradizione, ne mette invece in luce i caratteri specifici, esclusivi, radicati nel pensiero, nel costume, nell'economia, nel mito del popolo come Ur-Volk (popolo delle origini), che parla una Ur-Sprache (lingua pura e primordiale), che è destinato a imporsi come suprema guida del mondo, unico popolo autentico, scelto dal destino per rigenerare spiritualmente tutti gli altri, nella missione salvifica della nazione eletta: la Germania.
Mentre i neolatini decadono, i tedeschi mantengono l'integrità originaria della stirpe e per questo devono imporsi come nazione dominante in Europa, nell'interesse universale, avendo la capacità di portare a maturazione il seme del perfezionamento umano.

Che cosa rimane di questo nazionalismo messianico nella Germania odierna? L'orrore associato alla memoria dei totalitarismi e all'Olocausto impedisce ovviamente qualsiasi ritorno alla "purezza della razza" e alla Nazione come "fatto di natura", legato al sangue e al suolo. Ma l'accantonamento di una simile, pericolosa mitologia non impedisce che il nazionalismo possa riprodursi in altra forma e per diverse strade, attraverso i valori dell'efficienza, della produttività, della competitività, e in obbedienza al mito della concorrenza come garanzia di progresso e di benessere per tutti, totem dell'ideologia liberista. Si è sviluppato così un nuovo concetto di interesse nazionale, in particolare dopo la riunificazione, o meglio l'annessione dell'Est da parte dell'Ovest, nella convinzione della superiorità del modello occidentale e nella certezza della sua definitiva vittoria storica. Ne deriva un patriottismo economico votato all'export, un nazionalismo non militarista ma mercantilista, fondato sulla celebrazione euforica della qualità e della convenienza delle merci tedesche e proiettato alla conquista dei mercati, a cominciare dai paesi vicini dell'Europa meridionale con economie più deboli.
Gli altri stati della UE hanno esercitato un'opposizione episodica e inconsistente (vedi Padoan) contro questa forma di nazionalismo mercantilista. Il suo modello economico comporta infatti salari contenuti e flessibili, coesione sociale, bassa conflittualità, compressione dei diritti dei lavoratori e dei loro consumi, al fine di ottenere grandi surplus commerciali con l'estero. Ciò determina per gli speculatori condizioni favorevoli alla realizzazione di alti profitti. La convergenza di interessi tra il nazional-mercantilismo tedesco e la finanza europea, presente e influente in tutti i paesi, si è concretizzata nell'euro e costituisce la sua architettura, il suo sistema di regole: una vera e propria forma di governo, una governance eurista che non passa attraverso i parlamenti, un regime sovrapposto alle democrazie.
Se in classe c'è una LIM si raccomanda la visione del successivo video (circa 13 minuti). Gregor Gysi, deputato della Linke, nel suo intervento al Bundestag del 17/07/2015, sul pacchetto di "aiuti" alla Grecia, spiega con molta chiarezza la dinamica eurista. Sottolinea inoltre come la politica che il ministro Schäuble sta realizzando attraverso la cancelliera Merkel ponga le basi per nuovi nazionalismi e razzismi anche in altri paesi europei.
Al termine della visione il docente presenta alla classe un'esercitazione costituita da alcune domande, a cui gli allievi dovranno rispondere utilizzando quotidiani, notiziari e atti parlamentari reperibili in rete. Interrogativi chiave: Negli stessi giorni (estate 2015) in Italia gli "aiuti" alla Grecia sono stati approvati dal Parlamento, come in Germania? Se no, perché? Se sì, quali decisioni sono state assunte? Che cosa hanno detto durante la crisi greca i rappresentati del governo? E quelli dell'opposizione? Qualcuno ha mai fatto alla Camera o in Senato un discorso simile a quello di Gysi? Se sì, chi? Se no, perché?


A proposito del sistema di "aiuti" criticato da Gysi: quando l'Europa salva le banche, chi paga? Se lo è chiesto Harald Schumann, un giornalista tedesco, nel documentario seguente, che dura circa un'ora: "Staatsgeheimnis: Bankenrettung" (Segreto di Stato: salvataggio delle banche). Si tratta di un viaggio nelle indebitate Irlanda, Spagna, Portogallo, con domande scomode all'EU, alla Bce e al ministro Schäuble.
Dalle interviste a esponenti della politica e della finanza emergono i meccanismi che hanno portato all'esplosione della crisi. L'euro stabilisce un'artificiosa parità monetaria tra paesi forti e deboli. Ciò consente ai paesi forti di gonfiare a dismisura le proprie esportazioni, accumulando eccessivi crediti, mentre i sistemi economici deboli vengono spinti a importare troppo, contraendo debiti che non potranno mai essere interamente ripagati. I deboli diventano perciò facili prede dei forti. In un primo momento, grazie a un eccesso di spesa privata, garantiscono esagerati guadagni alla finanza interna e internazionale. In una seconda fase, entrati in crisi, devono ricorrere agli "aiuti", e a prestiti che saranno costretti restituire sotto ricatto, tagliando i salari e le spese sociali, e svendendo il patrimonio pubblico. Il nuovo nazionalismo mercantilista non occupa più militarmente i paesi vicini, ma commercialmente e finanziariamente.
L'EU, la Bce, le regole dell'euro, fanno pagare ai popoli europei i danni prodotti dalla finanza e trasformano i debiti contratti dai privati in debito pubblico, attribuendone poi la responsabilità alle democrazie, alla spesa sociale, ai cittadini. La moneta unica non è dunque politicamente neutrale (mero strumento per il commercio), ma corrisponde a una scelta costitutivamente antipopolare (vero strumento di governance), che risolve i conflitti tra capitale e lavoro sempre a vantaggio del capitale, e la tensione tra privato e pubblico sempre a svantaggio del pubblico. La privatizzazione dei guadagni e la socializzazione delle perdite è metodo di governo, funzionamento strutturale dell'economia. Nei salvataggi delle banche tutto si svolge in modo opaco e segreto (Staatsgeheimnis), tanto che i beneficiari finali degli "aiuti" non sono nemmeno rintracciabili.
Interrogato da Schumann, Schäuble giustifica questa situazione negando le responsabilità tedesche nella concessione di crediti facili ai paesi economicamente deboli. La colpa delle crisi bancarie viene attribuita solo ai debitori, che avrebbero dovuto operare controlli più seri, come in Germania: "Ciascuno spazzi davanti a casa propria e il quartiere diventa pulito," dice. Frase che potrebbe diventare il manifesto ideologico dell'ottusità e dell'imprevidenza del nazionalismo mercantilista tedesco.
Secondo la ricetta del nazionalista Schäuble la soluzione di ogni problema, per qualsiasi paese, consiste solo e sempre nell'adeguasi  alla Germania con le riforme e il rigore.

Dopo la visione del documentario, in cui si parla dell'Irlanda, della Spagna, del Portogallo, ma non dell'Italia, esercitazione finale. Domande: Anche da noi è successo qualcosa di simile? Esistono in Italia giornalisti come Schumann? Se sì, chi sono? Dove scrivono? Esiste sui grandi mezzi di informazione una discussione approfondita sulle ragioni delle crisi bancarie e sui salvataggi di Stato? Se sì, dove? Se no, perché?
C'e chi ha qualche idea? Qualcuno ha alzato la mano?

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