mercoledì 15 agosto 2018

Governance illuminata

Governance: parola nobile nel gergo europeista.
Da Eurino Informino, soggetto telematico collettivo per la cittadinanza italiana, riceviamo uno spunto per un'unità didattica sul metodo del "dispotismo illuminato" e della "democrazia limitata", che, secondo Padoa Schioppa, ministro delle finanze di Prodi, ha determinato la costruzione dell'Europa (intesa come Ue).
La conoscenza di un suo scritto del 1999 (Gli insegnamenti dell'avventura europea) è importante per la comprensione della mentalità e delle credenze poste alla base della cosiddetta "governance europea". Andrebbe letto in classe.






Dal diario di un illuminato...

A leggere gli articoli, i saggi e le interviste dei padri dell'euro e dell'Europa non può sfuggire un'opera di intensa auto-celebrazione, uno sforzo continuo per accreditarsi presso le opinioni pubbliche quali statisti di spessore, lungimiranti e illuminati.
Ma sarà vero? Noi crediamo, piuttosto, che dalla lettura dei padri dell'euro non emergano né grandi menti, né grandi consapevolezze di carattere scientifico, né tanto meno grandi uomini. Tutto è purtroppo tristemente chiaro, uniformemente mediocre, e le poche e stentate idee che si possono reperire, che difficilmente farebbero presa in un ambiente culturale aperto a un confronto vero, non sembrano molto diverse da quelle che si sentono ripetere in certi dipartimenti di economia, dove con troppa frequenza e con ingiustificata autostima si rimastica un sapere settoriale, riduttivo e autoreferenziale.
Padri magari nobili ma non certo profondi. Più bancari che banchieri. Più ragionieri che pensatori. E comunque, per tornare all'osservazione iniziale, sempre impegnati a simulare una qualche superiore illuminazione.

Tra gli italiani, il più illuminato di tutti, in questo senso perverso, ci è sembrato Tommaso Padoa Schioppa, già ministro delle finanze nel secondo esecutivo Prodi. Purtroppo è scomparso improvvisamente qualche anno fa. Non ha fatto in tempo a vedere il disastro prodotto dal governo dell'europeista Monti. Pensiamo però che anche di fronte ai ruderi ingloriosi del liberalismo economico avrebbe continuato a sentirsi un illuminato, membro di un'élite, uomo fuori dal comune, padre della patria eurista e della sinistra sottomessa:

Questa e le altre citazioni presenti nel testo sono tratte da un articolo del 1999, pubblicato
in francese sul periodico Commentaire (n. 87/99): Gli insegnamenti dell'avventura europea

Padoa Schioppa assumeva qui (autunno 1999) una posa da illuminato, con sguardo aperto ma fermo, guidato da certezze economiche, per lo più infondate, da cui ricavava l'impressione di avere un rapporto privilegiato con la realtà, e quindi il diritto di decidere anche per gli altri, per il loro bene. Una convinzione che ha accomunato nella storia tanti esaltati e che era, e ancora sembra, molto diffusa tra impiegati, dirigenti, consulenti e funzionari che popolano gli organismi sovranazionali dell'euro-burocratismo.
Nelle scuole, per vaccinare le nuove generazioni (vaccinazione ritornata obbligatoria), durante le ore di educazione alla cittadinanza dovremmo studiare con attenzione questa patetica ma dispotica psicologia. Credendosi illuminata dall'alto si sente dispensata dalla ricerca del consenso. Si ritiene perciò superiore alla democrazia e utilizza lo strumento di influenti burocrazie, che si sottraggono al controllo dei parlamenti, per iniettare nel corpo vivo degli stati regolamenti, disposizioni, indirizzi incompatibili con la loro storia e con le convinzioni radicate nei cittadini e nelle costituzioni. Ma non essendo questo un processo storico profondo, trattandosi di un raggiro che può durare solo finché non viene scoperto, i suoi effetti sono destinati nel tempo a rivelarsi insostenibili, fino ad essere giustamente ripudiati con disonore, dopo avere generato tensioni, proteste, crisi, conflitti (proprio come sta accadendo con l'euro).
Il dispotismo illuminato degli euro-burocrati, anche se, come incessantemente ripetono i suoi adepti, respinge la violenza e la guerra (ma non la menzogna), produce danni paragonabili a quelli che un tempo venivano causati dalle epidemie e dalle carestie. Il nuovo morbo non aggredisce però i corpi ma i sistemi democratici: una sorta di moderna peste del diritto e dell'economia, la peste di Bruxelles.

Padoa Schioppa riponeva invece grande fiducia in questa euro-peste, che erode e deforma le istituzioni statali al di fuori dai processi elettorali, sentendosi "libera" dai fastidi della costruzione del consenso e della mediazione tra interessi diversi, e nel testo citato la considerava una "procedura perfettamente legittima" e rivoluzionaria:
"Questa maniera di condurre la vita politica instaura tra coloro che l’adottano dei rapporti completamente differenti dalle relazioni stabilite nel quadro tradizionale. Liberata completamente dal contrasto tra le parti, dai gruppi d’interessi, dalla nazionalità, dall'esigenza elettorale, dalla necessità del guadagno, essa conferisce a chi l’adotta una grande libertà d’azione, e da questo fatto, una efficacia decuplicata. Essa crea inoltre una disponibilità particolare per la cooperazione, lo scambio gratuito di idee e di contributi, la generosità reciproca.
In realtà, questo modo d’azione politica è quello dei rivoluzionari, e così si riassume: creazione di un nuovo ordine; generosità disinteressata, cospirazione, idealismo; alleanza dell’attività politica e di un altro mestiere. La costruzione europea è una rivoluzione, anche se i suoi rivoluzionari non sono cospiratori pallidi e magri, ma impiegati, funzionari, banchieri e professori." [sottolineature nostre]
Che dire di questo idealista cospiratore che combina l'attività politica con "un altro mestiere"? Di che mestiere si tratterebbe? A prima vista, per come viene descritto, sembrerebbe quello del faccendiere, del trafficante di influenze, del manipolatore delle istituzioni pubbliche (ma, intendiamoci, a fin di bene) o del golpista gentile (ma per l'Europa, attenzione, e nel ripudio della violenza e dei nazionalismi). Insomma un eroico mestatore, intrallazzatore sì, ma di notevole livello, non pallido e magro, ma alto funzionario, banchiere e illustre professore. Super scortato, ultra protetto e ben introdotto a Bruxelles. Chi avrebbe il coraggio di mettere dentro un "rivoluzionario" simile? Chi, soprattutto, avrebbe l'occasione e gli strumenti per farlo? Ma nessuno, purtroppo.
E poi, secondo Padoa Schioppa, i progressi dell'Europa sono stati favoriti dalla democrazia limitata e dalle "illuminazioni" di questo personaggio. Vediamone un paio, quelle fondamentali, sempre attingendo dallo stesso testo:

Prima "illuminazione", a proposito della cosiddetta "libertà economica":
"È precisamente per creare la libertà economica tra paesi partecipanti che il legislatore di Bruxelles, con una forza e una coerenza che i processi politici interni agli Stati non avrebbero saputo sviluppare, ha alleggerito e sfrondato la legislazione e le istituzioni economiche degli Stati membri per adattarli al mercato e alla concorrenza. A giusto titolo, la costruzione europea ha dunque significato più mercato e più governo."
Seconda "illuminazione", su poteri pubblici e privati:
"Se le regole del mercato sono veramente indipendenti dal regime della proprietà e se, di più, sono proibiti gli aiuti pubblici che falsino la concorrenza, a che cosa serve la proprietà pubblica? Se, inoltre, le finanze dello Stato devono essere sanate, è raccomandato, e anche necessario, privatizzare."
Con ciò dovrebbe essere chiaro in che direzione si muovono i "rivoluzionari" di Padoa Schioppa con "generosità reciproca" e "scambio gratuito di idee". Idee certamente generose e gratuite per loro, ma costosissime e ingenerose per chi ne paga il prezzo. Come l'idea che "ha alleggerito e sfrondato la legislazione e le istituzioni economiche degli Stati membri" (cioè lo Stato sociale), con una coerenza che "i processi politici interni agli Stati" (cioè la democrazia)  non avrebbero mai avuto (ma è ovvio, altrimenti si sarebbe trattato di stati non democratici). Come quell'altra idea metafisica circa l'esistenza di "regole del mercato veramente indipendenti dal regime di proprietà". Ma dove collocare questo "veramente"? Nell'Essere? Nella Natura? In Dio? Nella Legge Originaria? Di ciò non si dice. Si ritiene però che gli aiuti pubblici vadano proibiti per non falsare l'indimostrata armonia della concorrenza, che va sempre bene, a patto che lo Stato vi partecipi con le mani legate, come un debitore tra gli altri, anzi come una somma di debiti privati. Ma allora, "a che cosa serve la proprietà pubblica?" Ma a niente, appunto. Quindi è meglio che diventi privata al più presto e senza troppe storie.
Sembra così normale (una caratteristica della "realtà") che i debiti privati diventino pubblici, e che lo Stato, da indebitato, sia costretto a cedere i suoi beni al privato, cioè alla causa dei suoi debiti futuri. Quando questo circolo vizioso diventa la regola "è raccomandato, e anche necessario, privatizzare". Quando la regola si irrigidisce poi in un trattato, e il trattato è vincolante per l'adesione a una moneta comune, abbiamo l'euro e la "rivoluzione" alla Padoa Schioppa è compiuta. Secondo la sua opinione il risultato finale sarebbe frutto di una "procedura perfettamente legittima".

Sull'ultimo punto è necessario obiettare. Che la procedura sia "perfettamente legittima" è solo un'illusione, frutto di un economicismo che ritiene possibile la creazione di una moneta senza storia, senza popolo, senza consenso, governata  attraverso influenze, manovre e sotterfugi incompatibili con l'esistenza di uno Stato di diritto.
La procedura è invece illegittima, e chi volesse approfondire l'argomento, in un percorso di educazione alla cittadinanza, potrà farlo qui o direttamente sul sito del prof. Giuseppe Guarino o anche grazie a questo video:


Secondo il professore la dottrina dell'austerità che accompagna l'euro sarebbe una degenerazione degli accordi originari tra stati, una modificazione unilaterale e illegittima imposta dalla Commissione attraverso l'aggiramento e la manipolazione delle norme autentiche. Dunque "non chiamatelo Euro", perché siamo di fronte, ormai, a un'altra moneta, determinata da un golpe e diversa da quella a suo tempo progettata.
Questa interpretazione lascia spazio a una speranza: che, impugnate le regole "cattive", dopo averle ripudiate si possa ritornare a un euro "buono", compatibile con gli investimenti pubblici, la crescita equilibrata, il welfare e le democrazie.
Ma si tratta di una speranza fondata? A noi pare che una moneta che nasce sul principio dell'indipendenza delle banche centrali, che sottrae agli stati la possibilità di avere una politica economica autonoma, che assoggetta i cittadini europei ai ricatti di burocrati non eletti (appunto gli illuminati alla Padoa Schioppa), sia sbagliata in radice e senza la possibilità di una correzione. Ma soprattutto incompatibile con la Costituzione italiana, da cui si è allontanata, con una graduale e sistematica azione eversiva, tuttora in atto.

Comportamenti illegali che mettono a repentaglio il benessere, la sicurezza e il lavoro di milioni di persone non possono essere classificati come semplici illeciti amministrativi. Il fatto che vi sia una responsabilità collettiva, e non un colpevole in particolare, non deve impedire di riconoscerli come crimini. Solo dopo essere passati attraverso questa esperienza traumatica, che comporta un grande cambiamento nel modo di vivere e di pensare, diventa lecito sperare in una finale amnistia, che non ci faccia assistere al brutto spettacolo di una nuova Norimberga.
Ma quest'atto di riconciliazione e di generosità non sarà possibile finché il dispotismo illuminato che ha architettato l'euro non venga battuto culturalmente e politicamente, e collocato nell'unica posizione che gli compete in uno Stato democratico di diritto: sul banco degli imputati.

venerdì 10 agosto 2018

La sinistra sottomessa e la scuola

Chi si attendeva dal nuovo governo un completo abbandono della legge 107 ha già motivo di rammaricarsi. Le novità sono infatti poche e timide e non alterano per il momento il quadro liberista e aziendalista che ha ispirato la Buona Scuola (e insieme l'ha resa insopportabile, determinando il suo fallimento).
Denunciare la mancanza, che rinvia a una promessa non mantenuta, è inevitabile e giusto. Non può però diventare un pretesto per riabilitare chi ha portato la scuola italiana in questa penosa situazione, come ci propongono alcune voci interessate (voci dal piddì e dai suoi dintorni e cespugli).

I documenti che circolano nei nostri istituti risentono ancora del gergo della Buona Scuola. Accountability, policy, governance, stakeholder, aziendalismo scolastico oltre ogni misura, e perfino al di là del pudore e del senso dell'umorismo. Rendicontare. Dimostrare. Essere efficienti e produttivi. Parlare di insegnamento e apprendimento come se fossero oggetti in produzione, e fingere perfino che sia possibile misurarli, pesarli, calcolarli. Anzi pretenderlo. Certificare. Monitorare. Ottimizzare. Il sistema deve dare prova di affidabilità funzionando senza sprechi. A questa caricatura, a questa scimmiottatura di una fabbrica, viene ridotta la scuola quando la si pensa sotto il segno del Mercato, del produttivismo, dell'economicismo, del liberismo e del privato che si contrappone al pubblico come garanzia di efficienza.

Ovvio che una simile idea non sarebbe nemmeno proponibile senza una serie di pregiudizi di carattere culturale e politico. L'inevitabile prevalenza del privato sull'economia pubblica. L'idea che l'interesse collettivo debba passare attraverso il sacrificio dei ceti più deboli. La compressione dei diritti sociali vista come premessa per un benessere futuro e come garanzia di una maggiore competitività nel presente. La riduzione della politica nazionale all'accettazione di regole e vincoli internazionali imposti da organismi e interessi non controllati democraticamente. Questo è il clima che apre la strada alla Buona Scuola, alla sua concezione della formazione e del sapere. Un clima che non possiamo interamente attribuire a Renzi e ai suoi cattivi consiglieri e che rinvia a una lunga storia, quella di una sinistra che, orfana della sua prospettiva storica, si è completamente arresa alla finanza.
Sinistra sottomessa, o subalterna, o bancaria, o €uropea, o eurista, o filo-tedesca, chiamatela come volete, ma è facilmente riconoscibile nelle parole dei suoi personaggi:






Una sinistra subalterna che ha fatto dell'austerità la sua bandiera. La sinistra che pur di governare ha accettato, in nome dell'euro, il lavoro sporco che a nessuna destra era mai riuscito. 
La Buona Scuola doveva essere il coronamento di questo processo, il suo suggello dal punto di vista culturale, ridisegnando i ruoli (dirigenti, docenti, studenti) in adesione al modello neoliberista di formazione.
Per il momento è andata male, anzi molto male, oltre le previsioni più negative, ma il progetto non è stato completamente accantonato, e c'è chi pensa di poterlo prolungare per inerzia, lasciandolo galleggiare, sonnecchiando nell'ordinaria amministrazione, per poi riproporlo al momento buono in condizioni più favorevoli delle attuali.
Così ragionano dalle parti del piddì (e cespugli). Dovrebbero scorrere l'elenco dei danni e chiedere scusa, ma non lo faranno. O meglio lo faranno solo alla fine, quando non vedranno altra strada per salvarsi, e allora sarà tardi, e cominceranno a darsi la colpa reciprocamente come già si intuisce da qualche segnale.
Nel frattempo bisogna stare attenti a non cadere nelle trappole. Non riabilitare frettolosamente chi ha dato prova di grande incapacità e tenere bene a mente quello che si è sperimentato e imparato in questi anni: tra sinistra sottomessa e scuola italiana c'è piena incompatibilità.

giovedì 2 agosto 2018

Cravatte

Come ogni ministro Bussetti interviene, presenzia, esterna. Ma siamo solo agli inizi e la fisionomia del suo ministero non è ancora ben chiara. Qual è infatti la costante nella sua intensa attività ministeriale? Quasi impossibile dirlo. Non lo sappiamo ancora. E allora è ovvio che, in mancanza di una definita filosofia, l'attenzione cada sulla cravatta, anzi sulle cravatte (un repertorio vasto e articolato, coniugando eleganza e sobrietà). Prevalgono i blu e gli azzurri, in un tripudio di sete lombarde. Questa, per il momento, è l'unica tendenza sicuramente rilevabile. E niente patacche verdi da leghista della prima ora, avete notato? Del resto il governo, nelle intenzioni dei suoi promotori, dovrebbe essere gialloblu (blu Salvini), e non gialloverde (verde Bossi Padania), come è stato malignamente ribattezzato, con l'intenzione di nuocergli, dalla stampa dominante avversa, economicamente mainstream e politicamente corretta (i soloni del pensiero unico mondializzato).
Certo, sul piano strettamente scolastico, bisogna ammettere che, proprio in opposizione al pensiero unico degli ultimi due decenni €uropei, ci aspettavamo qualcosina in più. Per esempio:
Abrogazione della 107/15 (Buona Scuola) senza se e senza ma.
Fine dell'eteronomia scolastica e ritorno all'autonomia.
Fine della pedagogia del gambero e ricollocazione della scuola italiana nell'orizzonte costituzionale.
Chiusura dell'Invalsi e ritorno alla valutazione formativa affidata alle istituzioni scolastiche autonome e agli insegnanti.

Fino ad oggi si è vista soltanto la soppressione della chiamata diretta, che però, a ben guardare, sembrava già boccheggiante e agonizzante da sé, avviata verso sicura morte naturale.

Insomma, in assenza di vere novità, cerchiamo di sondare il futuro sulla base dei primi e pochi indizi che abbiamo: cravatte. E che nessuno dica che si tratta di un approccio superficiale e metodologicamente fatuo. Non credo a chi pensa che dietro le apparenze si nasconda sempre un inganno. Vero è invece che in molti casi, soprattutto in politica, è l'abito che fa il monaco. Non trascuriamo dunque il repertorio Bussetti. Le cravatte contano, raccontano e promettono...