giovedì 28 febbraio 2019

Soft skill (tradotte in italiano)


Proseguendo nella consultazione del dizionario della moderna pedagogia in lingua inglese non possiamo trascurare le soft skill: ce le chiede l'Europa, a coronamento delle competenze di cittadinanza ordoeuropea.
Le soft skill costituiscono un importante insieme di competenze trasversali, che vanno dagli attributi personali, ai tratti del carattere, alle capacità comportamentali e relazionali, comunicative e sociali, necessarie per il successo, nel lavoro come nella vita di tutti i giorni. Non ci troviamo, pertanto, di fronte a specifiche abilità tecniche o a conoscenze applicate (hard skill), ma ad attitudini (sviluppabili e coltivabili) che interessano più piani, spaziando dal sociale al personale, dall'interazione con gli altri alla consapevolezza di sé.
Un docente veramente capace e pienamente formato non potrà prescindere, nel proprio insegnamento, dalle soft skill, vista la loro importanza nel mercato del lavoro, sicuramente decisiva, considerando che nelle grandi e più dinamiche aziende non vi è recruiter (selezionatore di risorse umane) che non le ponga al centro delle proprie ricerche e valutazioni.
Una mappa completa delle soft skill supererebbe i confini di questo scritto divulgativo, necessariamente limitato e sintetico, non finalizzato alla stesura di un repertorio esaustivo. Attingendo dai più accreditati studi statunitensi ed europei è però doveroso ricordarne alcune, a cominciare dal PROBLEM SOLVING (l'attività organizzata del pensiero, capace di sciogliere i nodi problematici con soluzioni originali e creative, tanto richiesta dalle imprese interessate all'innovazione), che rinvia al TEAMWORK (l'attitudine al lavoro di squadra, una costante imprescindibile in azienda), che presuppone EMPATY (la capacità di immedesimarsi e di comprendere lo stato d'animo dei colleghi). In una simile prospettiva l'ASSERTIVITY (la capacità di esprimere in modo netto e chiaro idee, posizioni ed emozioni, nel rispetto degli altri e nella consapevolezza dei personali limiti) si associa alla STRESS RESISTANCE (la resistenza alla fatica fisica e mentale, con la forza di reagire ad eventuali, passeggere frustrazioni), in vista del conseguimento di FLEXIBILITY and ADAPTABILITY, l'abitudine a rendere flessibile la propria formazione e le proprie mansioni in un continuo processo di miglioramento e di di adattamento alle richieste del MERCATO.
D'altra parte le soft skill non si apprendono sui libri di testo scolastici, ma devono essere acquisite nel corso di un percorso educativo e formativo di qualità. Si conseguono, come risulta dalle più importanti ricerche e indagini transnazionali in ambiente UE, nel corso dell’esperienza di vita personale e lavorativa. Spesso imprenditori e recruiter ne lamentano la mancanza, sulla base di una lunga esperienza nei colloqui di lavoro, o ravvisano, anche nei canditati che non ne sono del tutto sprovvisti, l’incapacità di renderle manifeste. Ciò accade di frequente nel contesto italiano, da questo punto di vista ben al di sotto degli standard OCSE, nonostante i recenti sforzi per ridurre il gap.
Non è comunque mai facile travasare le soft skill nel traballante lessico della nostra desueta pedagogia. Bisogna purtroppo ammettere, ancora una volta, che su questo terreno sensibile siamo rimasti molto indietro rispetto al mondo anglosassone, la locomotiva della globalizzazione. Tuttavia, a ben riflettere, è possibile trovare anche nella nostra modesta tradizione nazionale qualche precedente culturale capace di avvicinarci alla comprensione delle soft skill, in qualche modo traducendone almeno lo spirito, se non la piena e completa teoria.
Ma passiamo subito ad alcuni esempi italiani che possano aiutarci a colmare la lacuna:

Assertivity


Dicesi assertività la capacità di esprimere pubblicamente, in modo netto e chiaro, personali idee ed emozioni. Attraverso l'assertività il lavoratore definisce la propria posizione in azienda e il proprio ruolo nel team dei colleghi, rispettandoli e sollecitando la loro approvazione.

Empaty


Empatia. Capacità di immedesimarsi nei colleghi e di comprendere le loro emozioni. Indispensabile nel lavoro di gruppo.

Stress resistance


Resistenza allo stress. Capacità di resistere alla fatica fisica e mentale, sopportando passeggere frustrazioni e/o eventuali umiliazioni, soprattutto se provenienti da colleghi e superiori.
Frase chiave: "Com'è buono Lei..."


Teamwork


Capacità di lavorare in gruppo, con spirito d'iniziativa, creatività e dedizione, condividendo la mission aziendale, nel team dei colleghi, come ci si attende da un'efficace ed efficiente risorsa umana.
Parola chiave, nei casi estremi: "BANZAI!"

Problem solving


Capacità di risolvere problemi, nell'interesse proprio e dell'azienda, assumendo spontaneamente decisioni creative, insieme alla posizione lavorativa più adatta alle richieste del mercato e alle personali competenze e attitudini.
"AHI AHI AHIA..."

Flexibility and adaptability


Non vi è recruiter che non ricerchi nell'aspirante la capacità di rendere flessibile la propria formazione, fluide le proprie mansioni, mobile il proprio profilo, in un continuo processo di miglioramento e di adattamento alle richieste aziendali.
Questa adattabilità, in particolare, quale risposta alle sfide della concorrenza e della globalizzazione, stimolando lo studente a diventare servile imprenditore di se stesso, occupa un posto speciale tra le competenze chiave europee e riassume in sé l'intero pacchetto delle soft skill. 
L'imprenditorialità, infatti, secondo la strategia di Lisbona, genera la società basata sulla conoscenza più dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro, nel quadro di un'economia sociale di mercato fortemente competitiva.
Lifelong learning, per tutta vita: BANZAI! AHI AHI AHIA...

venerdì 22 febbraio 2019

La concorrenza premia il merito e difende i cittadini?

Vi propongo un interessante esperimento mentale. Seguite con attenzione il seguente spot. Non è richiesto un grande sforzo. Dura solo pochi secondi. Tenete presente che lo spot è realizzato dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l'Antitrust) in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico. Viene da una fonte governativa del nostro paese e ha tutti i crismi dell'ufficialità. Si tratta, secondo chi lo ha prodotto e diffuso, di un esempio di buona comunicazione, di alto valore sociale ed educativo. La voce delle istituzioni. 
Buona visione:


Lo spot fa parte di una campagna istituzionale (ripeto istituzionale) sui frutti della concorrenza. Ne riporto il commento, tratto dal sito dell'authority:
"La campagna istituzionale “I frutti della concorrenza”, realizzata dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico, mette in evidenza come la realizzazione di un ambiente competitivo aumenti il benessere della società nel suo complesso. Gli effetti, infatti, non riguardano solo il tessuto imprenditoriale ma hanno ricadute e effetti benefici su tutta la collettività e il consumatore finale, incentivando l’innovazione, creando nuovi posti di lavoro, premiando il merito e riducendo le disuguaglianze. L’iniziativa si fonda quindi sul concetto che la concorrenza premia il merito, difende i cittadini, tutela i consumatori e riduce le disuguaglianze."
"L’Autorità intende, con la sua azione di vigilanza e di tutela, costruire un ambiente sempre più favorevole alla leale competizione. In questo contesto, l’informazione istituzionale su larga scala rivolta ai cittadini, costituisce uno degli strumenti per il rafforzamento del processo di consapevolezza del consumatore che diventa soggetto attivo e collaborativo all'interno del processo produttivo."
Chiedo a questo punto: com'è andato l'esperimento? Come inquadrare lo spot? Vi è piaciuto? In particolare: vi sembra felicemente istituzionale?
Se i "frutti della concorrenza" vi hanno appagato, passate pure oltre (non c'è più niente da fare per voi). Se invece, come mi auguro, nel corso della visione avete sentito che qualcosa non andava, o addirittura avete provato, come mi aspetto, un certo senso di ripugnanza, l'esperimento continua. Si tratta ora di capire da dove proviene quel disagio. E dove può portare.

Il secondo passo dell'esperimento consiste nel rivedere lo spot senza sonoro, accompagnandolo con il seguente commento di presentazione, che non è che una parafrasi con rielaborazione di quello originale:
"La campagna istituzionale "I danni della concorrenza", realizzata dall'Autorità Garante della Solidarietà e della Difesa del Cittadino dal mercato, in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico, mette in evidenza come la realizzazione di un ambiente competitivo miri al benessere di alcuni a discapito della società nel suo complesso. Gli effetti della competizione, infatti, mentre avvantaggiano pochi imprenditori, scaricano sulla collettività i loro costi sociali, sui lavoratori e sui consumatori finali, privilegiando il profitto immediato, disincentivando la ricerca e l'innovazione, non preoccupandosi delle ricadute negative sull'occupazione. L'iniziativa si fonda quindi sul concetto che la concorrenza non riconosce i veri meriti, opera al di fuori degli scopi sociali, nuoce ai cittadini, non tutela i consumatori e fa crescere le diseguaglianze."
 "L’Autorità intende, con la sua azione di vigilanza e di tutela, costruire un ambiente sempre più favorevole alla leale cooperazione, disincentivando l'individualismo competitivo e antisociale. In questo contesto, l’informazione istituzionale su larga scala costituisce uno degli strumenti per il rafforzamento della consapevolezza del cittadino, che da consumatore passivo diventa soggetto attivo e collaborativo all'interno del processo democratico."
Funziona? Direi di sì. Le immagini che scorrono sul video (campi coltivati, paesaggi trasformati dall'ingegno umano, lavoratori e tecnici all'opera) vanno bene anche per il secondo commento. Anzi, rappresentando il lavoro collettivo, sembrano adatti a esaltare la cooperazione, l'unità di intenti e la solidarietà piuttosto che la competizione. Dunque lo spot, completamente cambiato di segno attraverso il rimaneggiamento della presentazione, funzionerebbe ancora meglio. Ovviamente in senso opposto.

In realtà entrambi i commenti, applicati a un contesto così generico e scioccamente edificante, risultano unilaterali e poco significativi. La collaborazione solidale e la competizione in vista di un premio non possono infatti essere esaltate o condannate in astratto. La solidarietà sembra un bene, ma a volte (ad esempio all'interno di un sodalizio criminale) diventa complicità e omertà. La competitività è una molla potente per il raggiungimento di molti obiettivi, soprattutto nel gioco e nello sport, ma in tanti altri campi produce disastri (per esempio quando si tratta di tutelare il risparmio, la salute, la sicurezza e il benessere collettivo).
Solo nelle rozze ideologie tutto dipende e viene determinato da una sola parola, da un solo concetto, da un'unica e sempre valida ricetta. E in effetti lo spot sulla concorrenza che premia il merito è rozzamente ideologico e banalmente diseducativo, riproducendo una serie di luoghi comuni tipici del liberalismo economico.
Insomma, ci fanno pagare, attraverso canali istituzionali, un po' di propaganda neoliberista spacciandola per informazione. E il terzo passo dell'esperimento mentale consiste in questa riflessione: qui la falsità è piuttosto evidente e perciò meno pericolosa, ma come la mettiamo con tutto il resto dell'informazione, che, anche se in forma meno appariscente, è per lo più costruita nel medesimo modo e secondo gli stessi pregiudizi ordoliberali?