Ho già spiegato perché l'invalsite è una malattia. Non certo perché non sia utile un ente di ricerca valutativa di supporto alle autonomie scolastiche. Anzi, è proprio lo stimolo alla ricerca autonoma che manca, in particolare da quando l'Invalsi, invece di svolgere questo importante compito, per cui era stato creato, è passato alla valutazione diretta degli allievi, sovrapponendosi alle autonomie e ai docenti.
L'invalsite è diventata una malattia della valutazione perché le prove Invalsi, assumendo un carattere nazionale, poste al centro dell'attività dell'ente e rese obbligatorie, da strumento si trasformano in fine, unico termine di paragone a cui confrontare gli allievi, tra loro e con un presunto standard di apprendimento, e con il rinforzo di un decreto legislativo. Nessuno può ragionevolmente asserire di avere finalmente escogitato un test capace di certificare oggettivamente le competenze di italiano e di matematica. Una simile, ingenua illusione certificherebbe piuttosto di per sé la mancata comprensione del problema. E nemmeno i più solerti invalsisti arriveranno mai a sottoscrivere una sciocchezza di tale portata. Eppure, nei fatti, è questo il messaggio che passa quando, insieme agli attestati degli esami, vengono consegnati agli studenti e alle famiglie i risultati di pretenziose prove oggettive nazionali, con crocette accanto alla descrizione dei livelli conseguiti.
Prove a crocette che attraverso crocette certificano il livello di competenza raggiunto, che fa coincidere l'allievo con un profilo prestampato, che consiste in una sequenza di descrittori predefiniti. A ciascuno, insomma, il suo pedigree: finalmente certificazioni nazionali, firmate da un direttore generale, in riferimento agli articoli di un decreto, che conferisce al tutto l'aura di una solenne ufficialità e che permette (anzi raccomanda) confronti tra gli allievi, e di riflesso tra i loro docenti e le loro scuole. Un messaggio tanto oscuro sul piano pedagogico, visti gli evidenti limiti dei test, quanto chiaro su quello politico (e demagogico).
Quel che in questi giorni accade, al termine degli esami di stato conclusivi del primo ciclo, dimostra che l'invalsite si sta aggravando. Le scuole dovranno consegnare, accanto alla consueta documentazione, anche i risultati delle prove nazionali Invalsi, di cui agli articoli 7 e 9 del decreto legislativo n. 62/2017, in ottemperanza al DM applicativo 742/17. Tali norme, che discendono dalla legge 107/15 e rappresentano pertanto un pezzo della sedicente Buona Scuola, ci consentono di fornire una breve descrizione della trappola valutativa architettata per il primo ciclo.
Ma andiamo per ordine:
L'invalsite è diventata una malattia della valutazione perché le prove Invalsi, assumendo un carattere nazionale, poste al centro dell'attività dell'ente e rese obbligatorie, da strumento si trasformano in fine, unico termine di paragone a cui confrontare gli allievi, tra loro e con un presunto standard di apprendimento, e con il rinforzo di un decreto legislativo. Nessuno può ragionevolmente asserire di avere finalmente escogitato un test capace di certificare oggettivamente le competenze di italiano e di matematica. Una simile, ingenua illusione certificherebbe piuttosto di per sé la mancata comprensione del problema. E nemmeno i più solerti invalsisti arriveranno mai a sottoscrivere una sciocchezza di tale portata. Eppure, nei fatti, è questo il messaggio che passa quando, insieme agli attestati degli esami, vengono consegnati agli studenti e alle famiglie i risultati di pretenziose prove oggettive nazionali, con crocette accanto alla descrizione dei livelli conseguiti.
Prove a crocette che attraverso crocette certificano il livello di competenza raggiunto, che fa coincidere l'allievo con un profilo prestampato, che consiste in una sequenza di descrittori predefiniti. A ciascuno, insomma, il suo pedigree: finalmente certificazioni nazionali, firmate da un direttore generale, in riferimento agli articoli di un decreto, che conferisce al tutto l'aura di una solenne ufficialità e che permette (anzi raccomanda) confronti tra gli allievi, e di riflesso tra i loro docenti e le loro scuole. Un messaggio tanto oscuro sul piano pedagogico, visti gli evidenti limiti dei test, quanto chiaro su quello politico (e demagogico).
Quel che in questi giorni accade, al termine degli esami di stato conclusivi del primo ciclo, dimostra che l'invalsite si sta aggravando. Le scuole dovranno consegnare, accanto alla consueta documentazione, anche i risultati delle prove nazionali Invalsi, di cui agli articoli 7 e 9 del decreto legislativo n. 62/2017, in ottemperanza al DM applicativo 742/17. Tali norme, che discendono dalla legge 107/15 e rappresentano pertanto un pezzo della sedicente Buona Scuola, ci consentono di fornire una breve descrizione della trappola valutativa architettata per il primo ciclo.
Ma andiamo per ordine:
- L'Invalsi, in nome dell'Europa e della strategia di Lisbona, ha aperto una consultazione urbi et orbi sulla certificazione delle competenze, sollecitando pareri, ascoltando i volenterosi (o fingendo di farlo) e sperimentando.
- Dopo lunga e penosa sperimentazione agli insegnanti è stato inviato un compitino, che consiste nell'associare 4 lettere a 8 indicatori + 1 (si dice anche che ciò sia molto "europeo", il che dà all'operazione quel caratteristico tono Erasmus che negli ultimi tempi precede e accompagna tutte le fregature).
- Accanto alla schedina prodotta dai consigli di classe, però, arriva adesso anche il pedigree dell'allievo, costituito da due paginette in cui vengono "certificati" i "livelli" di italiano, matematica, inglese, distinguendo per l'inglese in ascolto e lettura (per l'italiano no). Vedi inquietante allegato B al citato DM 742/17.
- Siamo sicuri che i saggi non la pensano così, ma sappiamo, con altrettanta certezza, che nell'opinione corrente, nei fatti, viene diffusa e passa per buona una certificazione degli standard (nazionali) raggiunti in italiano, matematica, inglese al termine degli esami conclusivi del primo ciclo. Questo a partire dal giugno 2018, cioè da oggi.
- Alcuni docenti con decisione (e molti altri timidamente) fanno notare che le cose, beh, non stanno proprio così, perché... cioè... o meglio... già Vertecchi diceva... sì sì, ma oggettivamente non direi... e poi gli standard però... dunque... sai com'è... e anche De Mauro... tuttavia, stracioè... E l'Invalsi ascolta sempre (o sempre fa finta di ascoltare) e organizza i perplessi in squadre e batterie, e poi via... a sperimentare.
- Nel frattempo, mentre quegli altri sperimentano, si consolida la percezione diffusa circa l'esistenza di standard oggettivi nazionali di riferimento, a cui confrontare gli allievi, le classi, le scuole, i docenti.
- Tale falsa percezione, al pari di altre convinzioni errate ma ugualmente condizionanti sul piano sociale, acquista un decisivo peso politico, e diventa il primo riferimento per ogni intervento futuro sul sistema scolastico italiano.
- Parallelamente l'Invalsi si fregia di nuove importanti scoperte "scientifiche". A livello di sistema vi è finalmente la prova che i disgraziati che abitano gli angoli più sgarrupati d'Italia sono sotto standard, mentre nei quartieri residenziali di Milano, dove tutti sembrano politicamente corretti, europeisti e invalsisti, siamo sopra standard (chi lo avrebbe mai detto, eh?); e a livello di classe appare finalmente, fattualmente oggettivo, che Pierino del dottore sta sopra Luigino dello spazzino (ben sopra, hai capito? Oggettivamente al di sopra; anche se nel modello Invalsi del pedigree i livelli superiori, probabilmente per confondere i volenterosi che sperimentano, sono stati collocati sotto, in basso; ma è un "in basso" che vuol dire "in alto" con l'aggravante dell'ipocrisia).
- Pierino del dottore? Ancora lui, quello di don Milani? Sì, proprio lui. Pierino del dottore resuscitato dall'Invalsi, certificato e con pedigree (ultimo profilo "in basso").
- E la didattica? Non potrà certo ignorare che ogni allievo ha il pedigree, sarà la didattica del pedigree dello studente (e del docente, e della scuola e del dirigente). La didattica degli standard fattuali e dei test nazionali a cui conformarsi. E tutti, pur brontolando, a fare quel che l'Invalsi ha stabilito di valutare.
- E i risultati delle prove nazionali, a questo punto, si potrebbero anche pubblicare in anticipo, prima delle iscrizioni, in modo tale che le scuole più richieste (quelle frequentate dalle caselle "in basso") possano liberarsi degli esuberi guardando i pedigree (caselle "in alto"). Lo so, è illegittimo, ma per sentirselo dire bisogna andare al TAR. E poi, a lungo andare, anche la giurisprudenza dei TAR cambia, a forza di insistere, perché il diritto finisce sempre per rispecchiare il comune sentire. Dunque invalsite acuta per tutta la vita.
Un governo che prometteva l'abrogazione della Buona Scuola si è da poco insediato: è ancora presto per giudicare, ma intanto l'Invalsite, grazie alle disposizioni attuative approvate nel corso del 2017, si sta aggravando. E i commenti degli esperti, degli addetti ai lavori e degli specialisti sembrano cauti, misurati, attenti a non scoprirsi, a "non stravolgere", correggendo le sole "criticità", pacatamente. E allora anch'io, in riferimento alle stesse "criticità", con altrettanta pacatezza, dirò che il DM 742/17 è una VERA PORCATA, e che propendo per un'azione di resistenza attiva alla pedagogia del gambero.
Sono da scartare, però, le piste più battute:
Sono da scartare, però, le piste più battute:
Niente appelli (negli ultimi tempi sono stati spesso, soprattutto in ambito scolastico, strumento per battaglie di retroguardia promosse da conservatori).
Niente scioperi (tanto poi il sindacato, che all'inizio appoggia, nel percorso, posto sotto scacco da quelle stesse forze che dovrebbero sostenerlo, finisce in genere per mediare al ribasso).
Occorrono insomma nuove forme di lotta e di ricerca (lotta e ricerca in questo caso coincidono), per mettere l'Invalsi in fuori gioco, culturalmente e politicamente.
Saranno alla fine le stesse scuole, autonomamente o in rete, a scoprire la cura per l'invalsite acuta.
Saranno alla fine le stesse scuole, autonomamente o in rete, a scoprire la cura per l'invalsite acuta.
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