venerdì 20 luglio 2018

L'educazione €uropea


Comenius, Erasmus, Leonardo... le parole magiche delle scuole europee. Progetti che hanno diffuso, e propagandato con tecniche pubblicitarie e immagini non molto diverse da quelle impiegate dalle agenzie di viaggi, il senso positivo di un'Europa vista come luogo di pace, di progresso, di benessere e di cooperazione tra i popoli. Si è parlato così di una generazione Erasmus, rappresentata da giovani intraprendenti e solidali, conoscitori delle lingue e proiettati verso un futuro di grandi opportunità e di libertà. Correvano felici verso gli Stati Uniti d'Europa, accompagnati dalla pubblicità e dalle competenze chiave per la cittadinanza europea, talmente fiduciosi (e inconsapevoli) che alla fine sono inciampati.
Tutto questo dal 2011 non c'è più, nonostante i molti sforzi compiuti, anche da parte del Miur (e dell'Invalsi), per renderlo ancora credibile. Tutto questo, dopo la crisi dei debiti sovrani e il trattamento barbaro riservato alla Grecia, non incanta più. Infatti è diventato chiaro a molti che cooperazione, solidarietà e integrazione stavano solo nei depliant Erasmus, ma non nelle regole dell'eurozona.
L'€uropa, quella col simbolo dell'euro, l'unica che conta, perché è solo il denaro che veramente la determina e la spiega, si basa invece su altri valori:
- La competizione, tra lavoratori e tra stati, prima di tutto, e non soltanto in economia ma anche nella scuola (vedi strategia di Lisbona) e nella formazione.
- Il divieto di solidarietà dell'Unione verso i paesi in crisi.
- Le sanzioni contro gli aiuti, verso gli stati che, disobbedendo al principio cardine della competitività e della concorrenza, eventualmente soccorrano chi si trova in difficoltà (cittadini o imprese).
- L'impegno a difendere, prima di ogni altra cosa, il valore della moneta e la stabilità dei prezzi, e dunque prima del lavoro, dei diritti sociali, dell'esigenza costituzionale di non creare disoccupati o sotto-occupati.
Questa è la verità di un'Europa che ormai anche a scuola appare senza veli, e senza orpelli Comenius o Erasmus, come scrive Eurino Informino (soggetto collettivo per l'educazione alla cittadinanza italiana) nel primo post del blog.

Il professore di Europa
Finché l'Europa è stata solo quella dei Comenius e degli Erasmus, gli europeisti hanno avuto vita facile. I giornali e i partiti erano pieni di professori di Europa, senza veri avversari. Uno in particolare è stato per noi importantissimo.
Quest'uomo, per gli euristi, è ancora un sant'uomo. Competente, prudente, misurato, autorevole, internazionale: un modello che la pedagogia europeista propone ai giovani. Eppure, soprattutto negli ultimi anni di crisi, non appena ne incontra uno non perde occasione per lanciare un messaggio completamente diseducativo.


Un messaggio, per essere educativo, non deve partire da informazioni false o incomplete. Non si può infatti educare disinformando. E bisogna ammettere che, da questo punto di vista, Romano Prodi avrebbe tutte le carte in regola per essere un ottimo insegnante. Sa comunicare con chiarezza, dispone di esperienze straordinarie, conosce l'Europa in profondità ed è prodigo di notizie, di aneddoti, di ricordi sempre veri e significativi, che ne fanno un testimone d'eccezione. Perciò, ascoltandolo, è facile entrare nella logica che ha portato alla creazione dell'euro, procurandosi gli strumenti necessari a comprendere come questa temeraria moneta, tossica per l'Italia ma non per la Germania, sia stata per noi una colossale fregatura.
Dal punto di vista informativo Prodi è prezioso. I suoi racconti sono sempre interessanti e altamente istruttivi. Ma per educare non basta istruire. Occorre anche orientare, motivare, dare una prospettiva coerente e uno sbocco verso il futuro. E tutto ciò, purtroppo, in lui manca. E manca a lui perché manca all'Europa e all'euro.
Prodi è istruttivo, eppure completamente diseducativo. Tanto che è proprio un'analisi del suo europeismo a dimostrarci, prima e meglio dell'antieuropeismo dei populisti, come l'euro non abbia forza, nerbo, cultura, e come sia destinato, attraverso la sua lacerante e irreversibile crisi, a dividere le nazioni che dovrebbe unire.

Sulla Grecia il professore non convince
Siamo nel 2011. Una giovane greca "molto preoccupata" ricorda il dramma del suo paese. A proposito del futuro incerto della moneta unica, interroga Prodi, che si dichiara ottimista, e "abbastanza sicuro di un esito non disastroso": possiamo insomma stare tranquilli, l'euro non finirà. E perché mai? Perché a impedire la sua fine sarà la stessa Germania, che grazie all'euro sta realizzando un formidabile surplus commerciale con l'estero (quasi 200 miliardi all'anno). Avrebbe voluto farlo anche in passato, ai tempi del marco, ma non le riusciva. Gli altri stati europei, infatti, potevano ancora difendersi attraverso la flessibilità del cambio, recuperando così competitività e resistendo all'aggressività mercantilista germanica attraverso la svalutazione della lira, del franco, della peseta. Oggi questo non è più possibile e i tedeschi spadroneggiano. Il loro surplus è determinato dal deficit degli altri paesi. I loro crediti sono i nostri debiti. E da creditori, dall'alto, possono anche permettersi di trattare come terroni i debitori del sud, a cominciare dai greci. Troppo bello!
Che bella cosa è l'euro per i tedeschi! Per quelli coi soldi, si capisce, perché l'operaio di Lipsia (soprattutto se interinale) la pensa forse in un altro modo. Comunque, al netto di chi lavora in linea per € 8 lordi all'ora, grazie alla moneta unica sono diventati il paese più forte e più potente d'Europa (e a nostre spese). L'euro dunque non finirà, ci racconta Prodi tutto contento, sorridente e compiaciuto, perché ai tedeschi (a certi tedeschi) conviene troppo. "La vera Cina è la Germania" ci insegna, e la comunità dei suoi affaristi vuole ovviamente che questo paradiso mercantilista continui, insieme alla nostra sottomissione, tanto conveniente e redditizia (per loro).
Alla giovane greca viene anche spiegato che il bilancio della California non è migliore di quello della Grecia. Cambia però l'atteggiamento politico verso i debitori. I californiani sono nella rete di protezione degli Stati Uniti, i greci sotto il giogo delle banche tedesche. Ecco la differenza.
E questo sarebbe un argomento pro euro e prospetterebbe "un esito non disastroso"? Secondo Prodi sembrerebbe di sì, "ragionando sui fatti". Ma si tratta di fatti contrari alla pace e alla cooperazione tra gli europei e il ragionamento è completamente diseducativo, soprattutto se viene non da un tedesco ma da un italiano che parla a una greca.
Da ascoltare con estrema attenzione. Badando, in particolare, alla contraddizione tra l'inaccettabile significato politico di quel che viene detto e il compiacimento che accompagna l'istruttiva spiegazione della perversa dinamica eurista:


Il messaggio è radicalmente diseducativo
Arriva il 2013 e non ci sono grandi novità. Continua la marcia trionfale del surplus commerciale tedesco. Adesso è a 240 miliardi, ci fa sapere Prodi, sorpreso e ammirato. E insieme al surplus della grande Germania, com'è inevitabile, crescono i debiti e le difficoltà degli altri paesi. Che fare? Francia, Italia e Spagna dovrebbero unirsi (della Grecia, ormai, ci siamo dimenticati). Un'alleanza per chiedere aiuto, naturalmente ai tedeschi, che, trattandoci come terroni e mendicanti, sembrano sordi per il momento alle preghiere. Per convincerli la strategia migliore è tirare la cinghia. Ecco dunque la prospettiva che Prodi offre ai giovani: altri 15-20 anni di "seria politica della formica", cioè di sacrifici e di ristrettezze ("lacrime e sangue" come al solito, alla Padoa Schioppa), per invogliare la Germania a considerarci tedeschi di serie B.
Si tratta di una strategia suicida, ma anche umiliante e vergognosa, e perciò completamente diseducativa. Francia, Italia e Spagna dovrebbero allearsi, in sostanza, per strappare condizioni migliori nella resa all'imperialismo mercantilista di Berlino. Una proposta da meditare a fondo:


E gli allievi, alla fine, giustamente scaricano il professor €uro
Nel 2017, finalmente, ai giovani che ascoltano Prodi viene voglia di ribellarsi. Una studentessa gli ricorda i risultati dei suoi due governi di centrosinistra. Aumento della precarietà, dell'insicurezza, della povertà. Disoccupazione, perdita dei diritti, flessibilità, salari da fame. Insomma la "seria politica della formica" tanto cara agli affaristi tedeschi. Non sarebbe il caso di chiedere scusa e di dichiarare finalmente il fallimento delle politiche neoliberiste?
Prodi continua invece a difendere l'euro e l'Europa. Usa anche il noto argomento xenofobo del pericolo giallo: i paesi europei devono restare uniti per difendersi dal colosso cinese, che cerca di imporre le sue regole al mondo. Ma non era la Germania, a ben guardare, la vera Cina? Il messaggio è incoerente, oltre che diseducativo:


Questo è un Prodi troppo germanocentrico. A chi crede che debba ancora esistere un'educazione alla cittadinanza italiana propongo di mostrare e commentare in classe questi istruttivi filmati...
Mettete a frutto la LIM che avete in aula, e se vi hanno raccontato che i soldi che sono serviti ad acquistarla (progetto PON) vengono dall'Europa, non credeteci. Non è vero, approfondite, vengono dall'Italia. Anche qui quello che abbiamo dato è molto più di quello che abbiamo ricevuto. Ma di questo aspetto della delicata questione parleremo un'altra volta...