Chiunque, abituato alle comunicazioni dell'Invalsi, tra un questionario e l'altro, tra rilevazioni, test e monitoraggi, non faccia ormai quasi più caso all'insostenibilità di affermazioni come "misurare le competenze di base", assuefatto al gergo pseudo-pedagogico con cui l'ente giustifica le sue inattendibili prove, può disintossicarsi con questo intervento di Giorgio Israel:
Avverto che non si tratta di un intervento facile. Dura poco meno di mezz'ora, ma richiede un certo sforzo di concentrazione anche da parte di un pubblico di docenti, a cui è dedicato. Fino ad oggi ha avuto solo 4.000 visualizzazioni, ma ne meriterebbe molte di più. Cerchiamo di alzare il numero.
Gli insegnanti che mettono in dubbio l'asserita, presunta oggettività dei test, soprattutto quando insegnano materie letterarie, vengono in genere messi a tacere attraverso il rinvio a principi di calcolo matematico di cui non sarebbero in grado di capire la scientificità e lo spessore teorico. Qui Israel, che è un matematico (anzi purtroppo era, perché è scomparso nel 2015), mostra invece che proprio attraverso una rigorosa conoscenza della disciplina si comprende come i modelli adottati dall'Invalsi si sovrappongano ai fenomeni che credono di misurare, ritrovandovi alla fine solo quello che vi hanno già messo in partenza, con una scelta che non può definirsi altrimenti che ideologica e autoreferenziale.
Più che il titolo di esperti in valutazione, i membri della chiusa cerchia Invalsi possono essere definiti, come ha fatto Benedetto Vertecchi in una sua intervista, "apprendisti stregoni che pensano che una questione così complessa si risolva distribuendo una certa quantità di test".
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