giovedì 25 ottobre 2018

Niente politica a scuola?

Lo scorso giugno la deputata leghista Vanessa Cattoi, rimproverando una dirigente scolastica per una sua iniziativa (evidentemente sgradita alla Lega), ha dichiarato: "Il ruolo dell'insegnante dovrebbe prevedere l'astensione dal commento politico anche perché, altrimenti, potrebbero sorgere dubbi circa l'imparzialità dell'insegnamento stesso". Stupisce che una parlamentare della Repubblica possa abbandonarsi ad affermazioni così rozze e ingenue. L'astensione non è imparzialità, ma una posizione tra le altre, una delle decisioni possibili, spesso la peggiore. Cultura e politica non si possono separare. E nemmeno si possono separare cultura e scuola, nonostante i tentativi di alcune recenti riforme neoliberali ed "europee". La scuola non è trasmissione di una inesistente "opinione neutrale", ma introduzione alla cittadinanza attiva, al confronto di idee, alla partecipazione politica. Così la pensavano gli uomini che hanno scritto la nostra Costituzione.
Ha dunque avuto buon gioco la preside Scalfi, rispondendo all'incauta Cattoi: «Esiste un articolo della Costituzione che tutela la libertà d'espressione e non mi pare che escluda i dirigenti scolastici. Esiste anche la norma per cui i parlamentari si impegnano a far rispettare la Costituzione. Questo mi aspetterei, da una deputata... A scuola c'è una pluralità di idee, i ragazzi sono condotti allo sviluppo del senso critico. In vista delle elezioni, abbiamo invitato i rappresentanti di 5 stelle, destra e sinistra. Perché questo è il senso della scuola."
Diciamoci la verità: non è che la deputata Cattoi, nel confronto, abbia fatto proprio una bella figura.

Credevo che il discorso fosse chiuso. Leggo invece oggi, su Orizzonte Scuola: "Niente politica, siamo a scuola. A sostenere il concetto è il ministro della Pubblica Istruzione." Possibile? Bussetti avrebbe dichiarato: "In classe non si deve fare politica. La scuola ha il compito fondamentale di stimolare il pensiero critico, i docenti siano responsabili." Ora, la dichiarazione rilasciata lo scorso giugno dalla preside Scalfi basta a comprendere come la prima affermazione sia in contrasto con la seconda. A scuola la politica concorre alla formazione del pensiero critico. Il pensiero critico, d'altra parte, non può non incontrare la politica. Voglio sperare che le fuorvianti parole attribuite al ministro siano frutto di una semplificazione giornalistica. Sperem ben, come dicono a Varese.

E invece a scuola c'è molto bisogno di politica e di educazione alla politica, unica via per difendersi dalle ideologie e resistere alle menzogne. Ciò vale sempre, in generale, ma in particolare in questi giorni difficili, mentre a causa di ingiustificate pressioni, che si presentano appunto come "opinione neutrale" o addirittura come "verità scientifica", il nostro paese è sotto attacco, denigrato sulla base di erronei pregiudizi ordoliberisti, minacciato da poteri finanziari non democratici e incompatibili con i principi e con i diritti costituzionali. Opporsi a queste mistificazioni attraverso l'esercizio del pensiero critico è compito della scuola italiana. Se non a scuola, dove? Ciò appare tanto più doveroso quanto più cresce la cattiva informazione e il rumore prodotto da alcune forze politiche che, nel tentativo di nascondere le proprie gravi responsabilità storiche, vorrebbero arrendersi a interessi stranieri, fino all'autolesionismo che spinge a tifare per lo spread e al collaborazionismo di chi si augura un golpe finanziario e il disconoscimento del voto democratico.

Ma allora, se le cose stanno così (e stanno proprio così), più politica a scuola, viva l'Italia e abbasso Moscovici.


2 commenti:

  1. Dagnini sempre più discolo!!!Ma quanto hai ragione!!!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma queste sono le idee di Eurino Informino, che è ancora europeista. Le mie si stanno invece avviando all'uscita (exit), ma è meglio non avere troppa fretta.

      Elimina